Meta ha inaugurato il nuovo anno all’insegna della polemica. Dopo che sono stati resi pubblici i piani dell’azienda per l’IA generativa per il 2025, gli utenti più attenti hanno scovato i vecchi bot esistenti sulla piattaforma dal 2023, evidenziando errori nelle chat con utenti reali, allucinazioni e problemi di appropriazione culturale.
Sebbene Meta abbia poi eliminato tutte le personalità bot dalla sua piattaforma, il dibattito sull’istituzionalizzazione dei bot sulle nostre piattaforme sociali ha sollevato alcune domande pertinenti sulla fiducia e la sicurezza sui social media nell'”era dei bot”, in particolare per gli inserzionisti. Se i bot diventeranno la norma online, gli utenti potranno ancora fidarsi di ciò che vedono sui social media? E gli inserzionisti possono ancora fidarsi delle piattaforme di social media come un valido canale di spesa pubblicitaria?
La domanda da 234,14 miliardi di dollari
Gli inserzionisti digitali spendono una cifra sbalorditiva per le inserzioni sui social media: si stima che nel 2024 saranno spesi 234,14 miliardi di dollari, con un aumento del 140% rispetto a cinque anni prima. Il successo di questo rapporto è dovuto alla capacità dei social media di fornire agli inserzionisti dati precisi sul targeting, assicurando che i loro annunci vengano inviati esattamente alle persone giuste. Questa relazione è minacciata quando gli inserzionisti non possono fidarsi dei dati che ricevono o quando vengono addebitati loro i click di utenti falsi o bot, altrimenti noti come click fraud.
Storicamente gli inserzionisti sono stati disposti ad accettare una certa quantità di click fraud come una sorta di perdita preventivata, dopo tutto il traffico bot rappresenta già quasi la metà di tutto il traffico web. Nel tempo, però, questo può danneggiare seriamente il ROI. Si stima che tra il 2023 e il 2028 i costi cumulativi legati alle frodi pubblicitarie digitali raggiungeranno i 172 miliardi di dollari.
Molti inserzionisti, in particolare le piccole imprese, hanno a disposizione strumenti limitati per misurare la percentuale del loro budget pubblicitario che viene sprecata per le frodi sui clic. In definitiva, questo significa che se gli inserzionisti non possono fidarsi del fatto che le piattaforme di social media stiano facendo abbastanza per tenere lontani i bot, gli utenti falsi e le personalità dell’intelligenza artificiale dalla loro piattaforma, potrebbero smettere di fare pubblicità. Questa logica si estende anche alle interazioni dei post, un’altra metrica fondamentale della pubblicità digitale.
Gli inserzionisti devono anche considerare le questioni legate alla reputazione e all’integrità. Abbiamo assistito alla fuga in massa degli inserzionisti da Twitter quando si è trasformato in X, una piattaforma con più bot e meno moderazione. Ora che Meta ha ridotto il fact checking e sta discutendo di una maggiore presenza dell’intelligenza artificiale generativa sulla piattaforma, gli inserzionisti potrebbero essere giustamente preoccupati per l’integrità degli altri contenuti a cui verranno affiancati i loro annunci.
Infine, c’è la questione della privacy dei dati. Non è ancora chiaro come le interazioni con le personas dei bot sui social media possano avere un impatto sulla raccolta dei dati degli utenti e sulla privacy, e resta da vedere dove andranno a finire i dati delle conversazioni tra utenti e bot. È probabile che questi fattori contribuiscano a un esodo di massa da qualsiasi piattaforma che esplori nuove funzionalità dei bot. In definitiva, gli inserzionisti vogliono investire dove c’è un traffico elevato, quindi è importante che le piattaforme sociali mantengano gli utenti dalla loro parte e impediscano loro di passare a un’altra piattaforma che considerano più affidabile.
L’impatto al di fuori della pubblicità
Al di fuori del mondo della pubblicità, il potenziale di diffusione di informazioni errate da parte di personaggi bot sui social media è enorme. Non si tratta di una situazione priva di precedenti: abbiamo assistito a numerose controversie sulla capacità dei bot di plasmare la narrazione delle elezioni del 2024, per esempio, o di diffondere “fake news” sulla pandemia COVID-19.
Se le personalità dei bot vengono accettate sulle piattaforme dei social media, questo avrà un impatto anche sul settore degli influencer. I bot influencer non sono una novità: ce ne sono già alcuni, come Miquela, che valgono milioni di dollari. Ma con l’introduzione di account bot ufficiali su piattaforme come Meta, questa tendenza potrebbe andare oltre. Cosa significherà questo per l’industria degli influencer da 21,1 miliardi di dollari? Dato che gli account bot possono mettere like o commentare i post, diventerà più difficile distinguere gli influencer che fanno tendenza per i loro meriti da quelli che vengono potenziati dalla piattaforma di social media.
Cosa succederà?
Resta da vedere se questo sia l’inizio di una nuova generazione di bot per i social media. Meta stessa potrebbe essere riluttante a reintrodurre presto le funzioni dei bot, ma il livello di pubblicità generato dalla vicenda potrebbe essere sufficiente a ispirare altre piattaforme sociali a seguire le orme di Meta con i propri account bot.
Non è realistico pretendere che le piattaforme di social media si rifiutino di sperimentare funzioni bot in futuro. Tuttavia, l’industria tecnologica dovrebbe chiedere una maggiore regolamentazione dei bot sui social media e una migliore trasparenza da parte di piattaforme come Meta se decidono di adottare i bot sulle loro piattaforme. È importante che le piattaforme abbiano etichette standardizzate per indicare chiaramente gli account bot e distinguerli dai veri utenti umani.
A meno che gli inserzionisti non abbiano piena trasparenza sul modo in cui i bot interagiscono con i contenuti sulle piattaforme di social media, è improbabile che si sentano sicuri di continuare a investire pesantemente nella pubblicità sui social media.

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