- Gli effetti della plastica riversata negli ambienti ha spinto le aziende a rimediare ai danni che tutti noi da troppi anni abbiamo recato all’ecosistema;
- Anche gli scarti delle nostre tavole potranno essere trasformati in oggetti di uso comune grazie ad alcune colonie di batteri.
La plastica biodegradabile ha iniziato a segnare punti contro la plastica derivata da petrolio. La “guerra” è iniziata già da diversi anni e le grandi aziende insieme a biologi collaudano e sperimentano tecniche di riciclo sempre più affinate.
La green economy si sta imponendo sempre più, sensibilizzando non solo l’intero processo produttivo ma coinvolgendo anche nuovi attori in nuovi ruoli. L’intento è ovviamente quello di scusarsi con tutto l’ecosistema per i danni provocati fino ad ora.
La plastica ad oggi è uno dei maggiori inquinanti tra tutti i rifiuti di cui ci liberiamo e che riversiamo nell’ambiente – soprattutto marino – con le catastrofiche conseguenze sulla fauna che non possiamo più far finta di ignorare. Questa volta, però, parliamo dei rifiuti alimentari: una volta finiti in discarica, la loro decomposizione produce emissioni di carbonio, complici insieme ad altre materie inquinanti di agevolare il disastroso cambiamento climatico.
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Cosa hanno in comune le bucce di banana e la plastica?
Da qualche anno si stanno perfezionando dei processi dedicati proprio ai rifiuti alimentari. Da questi infatti è possibile ottenere un tipo di plastica biodegradabile, “naturale”, che dà vita a materiali completamente compostabili. E così le bucce della frutta, l’olio di frittura, le patate e altre materie prime, invece di essere lasciate libere di trasformarsi in carbonio e gas serra, avranno una nuova vita tutta degna di stima. Oggetti o prodotti di uso comune, come stoviglie o imballaggi, decomponibili ed ecologici.
Le bioplastiche in questione, non provenienti dal petrolio e totalmente naturali, sono i PHA (poliidrossialcanoati) – polimeri poliesteri termoplastici – cioè catene lineari di molecole combinate tra loro e facilmente malleabili grazie al calore.
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Batteri produttori di plastica
Il tipo di plastica tutta naturale deriva, in parole povere, dal processo di digestione di diverse colonie di batteri. I PHA nient’altro sono che il prodotto di questi esseri unicellulari, ottenuto attraverso il processo di sintetizzazione di zuccheri e lipidi in particolari condizioni di coltura come l’eliminazione di azoto, zolfo e fosforo.
La trasformazione in PHA avviene in circa sette giorni e sono coinvolte varie specie batteriche (Bacillus, Rhodococcus, Pseudomonas,etc) che, come in una catena di montaggio, hanno ognuna il proprio ruolo produttivo. Una coltura di batteri si occuperà di scomporre i rifiuti alimentari in minuscoli blocchi di carbonio. Il ruolo della seconda coltura sarà quello di mangiare il carbonio e immagazzinarlo nelle proprie cellule. Il prodotto finale, che per i batteri è accumulo di energia, a noi si presenta sotto forma di granuli che opportunamente estratti daranno vita a materia plastica biodegradabile.
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La plastica biodegradabile che si crea e che si distrugge
Questa nuova alternativa vede come protagonista la startup canadese Genecis. L’azienda biotecnologica, nata nel 2016, intende creare plastica biodegradabile ad uso commerciale e lanciarla presto a prezzi relativamente bassi, aprendo così la strada ad una nuova consapevolezza verso l’economia circolare. Il nuovo materiale ha una bassa permeabilità all’acqua e un’alta resistenza termica ma presenta le medesime proprietà della plastica a base di petrolio. La sua degradazione però è veloce: circa un anno in ambiente terreno e marino.
Inoltre, in partnership con Sodexo, società di servizi alimentari, Genecis si vede impegnata a riconvertire gli sprechi delle mense aziendali in prodotti compostabili riutilizzabili dalle mense stesse. Un interessante progetto a dimostrazione della funzionalità della tecnologia a favore delle economie circolari.
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Una tecnologia dunque che servendosi di materie naturali e grazie al prezioso aiuto dei batteri potrebbe risollevare le sorti dell’ambiente. Un ricircolo di materie che provengono dalla terra e ad essa ritornano dopo diverse vite vissute sotto differenti forme. Si spera in questa alternativa responsabile che probabilmente non cambierà le nostre abitudini al monouso ma che ci abituerà a fare scelte di acquisto più sostenibili, come è giusto che sia.
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