• Con il dilagare dell’epidemia da Coronavirus, sono rapidamente mutate le abitudini degli italiani, alimentari e non
  • Le imprese si sono trovate a doversi reinventare per rispondere al cambiamento dei fabbisogni della popolazione
  • Molti dei cambiamenti in atto sono destinati a rimanere nelle abitudini d’acquisto, anche in una fase successiva

 

Ad un mese dall’inizio della quarantena imposta dal governo per contenere l’epidemia di Covid-19, i mercati si sono trovati a fare i conti con un brusco cambiamento dei fabbisogni della popolazione, che ha fatto emergere l’esigenza di un rapido ripensamento dei modelli di business da parte delle imprese.

Alcune aziende si sono parzialmente o radicalmente reinventate per far fronte alle esigenze attuali. Dalle griffe della moda come Gucci, Prada o Armani, che hanno riconvertito alcuni degli stabilimenti, italiani e non, per la produzione di camici e mascherine da destinare al personale sanitario; ai noti brand di alcolici, tra cui Absolut Vodka, Martini e Bacardi, che si stanno adoperando per soddisfare la domanda crescente di gel disinfettante a base alcolica che scarseggia in farmacie e supermercati.

Per descrivere la fase che stiamo vivendo, vi è stato un ampio utilizzo dell’espressione economia di guerra, spesso contestato come uso improprio.

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Senza addentrarsi troppo in una disquisizione linguistica sulla pertinenza di questa locuzione, possiamo affermare che la situazione attuale presenta senza dubbio delle importanti analogie con un’economia bellica, in termini di necessità di un adeguamento quanto più rapido e tempestivo del sistema economico ai bisogni derivanti dall’emergenza in atto.

Quando si fa fronte ad un’economia di guerra, un ruolo chiave è svolto da quei settori che si trovano a dover fornire beni di prima necessità, primo tra tutti il settore agroalimentare, il cui corretto andamento è di primaria importanza anche per far sì che la paura della scarsità non scateni una corsa all’accaparramento e, di conseguenza, un pericolo per l’ordine pubblico.

L’intera filiera agroalimentare italiana si trova di fronte a un forte aumento della domanda di prodotti alimentari, dato che, stando perennemente in casa, le persone finiscono per cucinare e mangiare di più rispetto a quanto facciano normalmente.

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Gli effetti della pandemia sui consumi e sulla produzione

L’inizio della quarantena non ha cambiato solo le abitudini degli italiani, ma anche i loro carrelli della spesa.

I dati Nielsen evidenziano un calo degli acquisti di prodotti freschi a favore di quelli a lunga conservazione come riso (+33%), pasta (+25%), scatolame (+29%), derivati del pomodoro (+22%).

Il presidente di Confagricoltura, Massimo Giansanti, ha rivolto un invito alla popolazione di preferire i prodotti italiani per salvaguardare la propria salute e al contempo sostenere il Made in Italy, rassicurando i consumatori sul fatto che la filiera agroalimentare continuerà a garantire gli approvvigionamenti e a rifornire i supermercati.

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A questo, si è aggiunto un appello della ministra alle politiche agricole Teresa Bellanova a non rinunciare ai prodotti della tradizione e a continuare a comprare prodotti italiani nell’interesse della salute e dell’economia nazionale: Ai cittadini dico: fate la spesa, seguite le regole di sicurezza e comprate italiano. Oggi più che mai facciamo sentire l’orgoglio di essere uniti, anche quando facciamo la spesa. Noi siamo l’Italia e l’Italia fa bene”.

Ma non è tutto. In un’intervista al Corriere Della Sera, Massimo Giansanti ha parlato in toni allarmanti di una carenza di manodopera, che potrebbe rappresentare un serio pericolo ora che si avvicina la stagione della raccolta nei campi. Con le persone colpite dal virus, quelle in quarantena e gli stagionali stranieri rientrati nei Paesi di origine che non possono tornare in Italia per il blocco della circolazione — ha spiegato — nelle campagne mancano braccia. E siamo in un momento cruciale: si avvicina la stagione della raccolta degli ortaggi e della frutta estiva. Servono almeno 200 mila persone subito”.

Il Ministero dell’Interno ha già accolto la richiesta di Confagricoltura di una proroga dei permessi di soggiorno in scadenza di quei lavoratori immigrati impiegati nella raccolta ortofrutticola.

Ironia della sorte, proprio gli stessi lavoratori a cui fino a non molto tempo fa si volevano chiudere le porte (e i porti) dei confini nazionali.

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Le imprese e la gestione dell’emergenza nella filiera agroalimentare

Un importante punto di partenza per la gestione dell’emergenza, come suggerito da Bain & Company, è quello dell’attivazione di un Emergency team formato da un gruppo ristretto di chief aziendali che lavorino a stretto contatto con manager, amministratori delegati,…


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