Per i gamer i videogiochi costano troppo. Per gli sviluppatori, invece, costano troppo poco: a giugno Shawn Layden, presidente dei SIE Worldwide Studios, la costellazione di studi della galassia Sony PlayStation, i prezzi non compensano il lavoro dietro a un colossal di 60 ore di gioco. E più la tecnologia va avanti, più aumentano le spese e le risorse necessarie per produrre quei titoli iper realistici, che i gamer chiedono e che pure, nonostante il prezzo di listino di 75€, comprano. The Last of Us II (in foto) è stata l’esclusiva PS4 ad aver venduto di più in meno tempo: 4 milioni di copie a ruba in tre giorni dello scorso giugno.

Non è insolito per un mercato ricco come quello del gaming digitale, del valore calcolato di oltre 10 miliardi di dollari, piangere miseria. Ma i costi di realizzazione dei suoi prodotti di punta sono davvero proibitivi. Anche per questo motivo la PlayStation 5 non obbligherà gli sviluppatori ad utilizzare il ray tracing sulle proprie creazioni: uno studio indie non potrebbe permettersi tanta complessità.

I videogiochi sono sempre stati costosi in proporzione per i tempi. Anche se il prezzo di lancio del primo Game Boy di Nintendo, nel 1989, a 89,90$, o quello della PlayStation 2 (che ha compiuto venti anni), a 299$, oggi sarebbero un sogno, la tecnologia nuova costa in maniera cumulativa rispetto alla precedente e perciò più si va avanti, più il consumatore paga e, paradossalmente, è disposto a pagare. Così il gaming di ultima generazione è sempre più un hobby di lusso gonfiato dagli stessi gamer che si indebitano per averlo.

Re dei prezzi bassi, nonostante le proteste dei grandi marchi, resta però Steam, che offre al tempo stesso un vivaio unico agli sviluppatori indie per mostrare i proprio videogiochi. Proprio su Steam gli indie-games vanno per la maggiore assieme al retrogaming: e c’è un motivo. Sono forse meno innovativi, perché utilizzano tecnologie che già ci sono, ma spesso sono più originali e soprattutto costano meno e possono girare anche sui vecchi computer. Questo fa di loro l’area democratica del mondo dei videogiochi: dà lavoro a molti artisti ed è adatta alle capacità di spesa dei più.

L’equivalente dell’azienda di famiglia. Una dimensione in cui non rientrano i titoli gratuiti online, che per quanto aperti a tutti e ormai con un pubblico che supera per numero ogni record, sono il classico dell’economia del terzo millennio, dove un piccolo gruppo conquista il mercato a discapito di tutti degli altri. Così Fortnite, League of Legends, Call of Duty Warzone hanno più giocatori di quanto oggi qualsiasi costoso box office di Nintendo, PlayStation o Xbox potrebbe mai sognare. Ma questa ricchezza resta concentrata nelle mani di pochissimi.

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