La battaglia sulla regolamentazione digitale europea si è intensificata con la contestazione da parte delle principali piattaforme tecnologiche delle tasse imposte dall’Unione Europea per il Digital Services Act. Mercoledì scorso, Meta Platforms e TikTok, di proprietà di ByteDance, hanno presentato le loro cause al Tribunale dell’UE, sostenendo che le tasse di vigilanza sono sproporzionate e basate su calcoli fondamentalmente errati.
La controversia principale
In base alla legge sui servizi digitali del 2022, 20 grandi piattaforme online e due importanti motori di ricerca – tra cui Google, Apple e altri – sono soggetti a un’imposta annuale pari allo 0,05% del loro reddito netto mondiale.
Le tasse previste dalla legge sui servizi digitali sono destinate a coprire i costi sostenuti dalla Commissione Europea per monitorare la conformità al quadro normativo digitale.
La struttura delle tasse tiene conto di due fattori principali: il numero medio di utenti attivi mensili e il fatto che le aziende abbiano registrato profitti o perdite nell’anno finanziario precedente. Tuttavia, sia Meta che TikTok sostengono che la metodologia alla base di questi calcoli sia gravemente errata.
La sfida di Meta
Secondo quanto riportato da Reuters, l’avvocato di Meta, Assimakis Komninos, ha criticato aspramente il processo di calcolo delle tariffe, descrivendolo come opaco e portando a “risultati completamente implausibili e assurdi” L’obiezione principale dell’azienda riguarda la decisione della Commissione di basare i calcoli sulle entrate del gruppo piuttosto che sulle entrate delle singole filiali.
Komninos ha sottolineato che Meta non è ancora in grado di comprendere appieno come sia stata calcolata la sua tariffa specifica, evidenziando una mancanza di trasparenza nel processo. L’azienda ha sottolineato che non sta cercando di evitare di pagare la sua giusta quota, ma ha messo in dubbio la metodologia fondamentale utilizzata per determinare l’importo.
Le accuse di TikTok
D’altro canto, il team legale di TikTok, guidato dall’avvocato Bill Batchelor, ha lanciato critiche altrettanto feroci alla metodologia di calcolo delle tariffe del Digital Services Act. Batchelor ha definito l’approccio “inaccurato” e “discriminatorio”, indicando specifici problemi tecnici nei metodi di conteggio degli utenti.
L’azienda sostiene che la Commissione ha gonfiato i numeri degli utenti conteggiando due volte gli individui che passano da un dispositivo all’altro, una pratica comune nell’attuale ambiente digitale multi-device. TikTok sostiene inoltre che la struttura delle tariffe include ingiustamente i costi associati ad altre piattaforme e supera i massimali previsti dalla legge.
La difesa della Commissione
La Commissione europea, rappresentata dall’avvocato Lorna Armati, ha difeso con forza il suo approccio. Armati ha sostenuto che l’utilizzo dei profitti del gruppo come punto di riferimento per il calcolo delle tariffe del Digital Services Act è appropriato e legalmente valido.
L’avvocato ha sostenuto che entrambe le società disponevano di informazioni adeguate per comprendere la metodologia e che l’approccio della Commissione era pienamente conforme agli standard legali stabiliti.
Implicazioni più ampie
La sfida legale ha implicazioni significative che vanno oltre l’impatto finanziario immediato su Meta e TikTok. L’esito potrebbe stabilire importanti precedenti per il calcolo e l’applicazione delle tariffe per la regolamentazione digitale nell’Unione Europea.
Con 22 grandi piattaforme attualmente soggette a queste tasse, la decisione del tribunale influenzerà probabilmente il rapporto dell’industria tecnologica in generale con le autorità di regolamentazione dell’UE.
La controversia evidenzia anche le tensioni in corso tra i giganti tecnologici americani e le autorità di regolamentazione europee, che hanno sempre più cercato di stabilire meccanismi di controllo per le piattaforme digitali che operano nei confini dell’UE.
Il prossimo passo
Si prevede che il Tribunale emetterà la sua sentenza nel corso del prossimo anno, anche se la tempistica esatta non è ancora chiara. La decisione probabilmente influenzerà non solo il modo in cui verranno calcolate le tariffe del Digital Services Act in futuro, ma anche potenzialmente l’implementazione di altri aspetti del quadro normativo digitale completo.
Gli osservatori del settore stanno seguendo con attenzione il caso, che potrebbe costituire un precedente importante per le future strutture delle tariffe e per l’equilibrio tra la supervisione delle piattaforme e le metodologie di calcolo corrette. L’esito potrebbe anche influenzare il modo in cui altre giurisdizioni affrontano la regolamentazione delle piattaforme digitali e le strutture delle commissioni.
Per il momento, le piattaforme interessate devono continuare a pagare le tariffe contestate in attesa della decisione del tribunale, il che rende questa battaglia legale molto rischiosa e con importanti implicazioni finanziarie e normative per l’economia digitale.
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